domenica 16 marzo 2014

Jimmy Greaves il Piola della perfida albione





James Peter Greaves, per tutti Jimmy, debutta al White Heart Lane il 24 agosto 1957 nel corso del match tra Tottenham Hotspurs e Chelsea (1-1), schierato in attacco, “un diciassettenne dotato di tecnica, senso della posizione e personalità da campione consumato, un talento di prim’ordine con le qualità giuste per poter ricalcare le orme di Duncan Edward, il più giovane giocatore inglese ad aver vestito la maglia della nazionale”.

Un’attaccante nato e cresciuto per il gol, un rapace degli ultimi metri, uno stile tutto basato sulla rapidità di esecuzione e sull’anticipo, poche giocate spettacolari, niente tocchi di classe alla Bobby Charlton, potenza di tiro modesta, ma sempre al posto giusto nel momento giusto, come confermano i numeri 366 reti in 528 partite con Chelsea, Milan, Tottenham Hotspurs e West Ham, 44 in 57 con la nazionale inglese (solo Bobby Charlton con 49 e Gary Lineker con 48 hanno saputo fare di meglio), 100 gol segnati prima di compiere i 21 anni di età (per la precisione a 20 anni e 290 giorni, il più giovane giocatore di sempre a raggiungere una simile cifra), 41 quelli realizzati in una sola stagione (con il Chelsea nel ’60-61), 220 messi a segno con la maglia del Tottenham (massimo goleador di sempre degli Spurs), sei titoli di capocannoniere vinti.

Nel 1960/61 ha chiuso il campionato con un clamoroso bottino di 41 gol in 40 partite, peró il suo Chelsea é una squadra modesta, soltanto dodicesima e capace addirittura di subire 100 gol in tutto il campionato.

A fine maggio Gipo Viani, direttore tecnico del Milan, convince il presidente Rizzoli a sborsare 70 mila sterline e lo porta in Italia, peró un cuore ballerino costringe Viani a qualche mese di riposo forzato; il comando delle operazioni viene preso dal nuovo allenatore del Milan, che altri non è che il Paròn, Nereo Rocco.

L’esordio è il migliore possibile: in un’amichevole contro il Botafogo, a San Siro davanti a 50 mila spettatori, Jimmy conferma la regola che manterrà invariata in tutta la carriera: all’esordio con una nuova maglia, lui segna sempre.

Nereo non ha in gran simpatia gli inglesi. Pure, si aggiunge una certa incollocabilità in campo di Greaves: a volte Rocco gli dà la maglia numero 11 e lo mette ala sinistra, ma Jimmy se ne infischia e trasloca di sua iniziativa al centro, costringendo Altafini a prenderne la posizione.

Greaves è del tutto allergico a sedute tattiche, ritiri e tutte le altre manfrine per cui noi italiani andiamo pazzi: se il giorno prima della partita Rocco porta la squadra al cinema per fare gruppo, lui è il primo a sgattaiolare fuori nel buio della sala. L’unico alcol concesso è un bicchiere (di vino) al giorno; sigarette, neanche a parlarne.

Greaves non è uno sfonda-reti alla Nordahl né un fine dicitore un po’ conigliesco alla Altafini. E’ un killer dell’area di rigore dai modi spicci, che solleticherebbe ben poco la fantasia del nostro pubblico. Eppure segna, segna tantissimo: dopo il Botafogo in amichevole, si ripete anche all’esordio in campionato, a Vicenza. Due partite a secco, poi la doppietta contro l’Udinese.

La partita è spettacolare e finisce 4-3, con autogol di Sassi e gol di Pivatelli per il Milan, mentre l’Udinese va a segno con Pentrelli (due volte) e Canella.

Nonostante sia capocannoniere, niente, il Paròn non lo può vedere: “Sto mona de inglisc, xe bravo quando che xe facile. Quando xe ora de sofrìr, el salpa par la sua isola“. Piazza un’altra doppietta alla Sampdoria alla sesta giornata, ma il Milan perde 2-3 e Nereo presenta le sue dimissioni a Rizzoli: respinte, non è nello stile Milan licenziare un allenatore dopo due mesi. La settimana dopo c’è il derby, contro l’Inter campione in carica, prima in classifica e già a +3.

Domenica 1 ottobre 1961, si affrontarono il mago, strappato l’anno precedente al Barcellona dal presidente Angelo Moratti, e il triestino che Andrea Rizzoli, massimo dirigente milanista, aveva portato in rossonero convinto dagli ottimi risultati ottenuti a Padova dove era riuscito a dare un dispiacere proprio ad Herrera (2-1 all’Inter nel novembre del ’60).

Altafini diede forfait a causa di un infortunio. Il Paron, allora, puntò molta attenzione alla fase di marcatura, affidando Corso, Suarez e Hitchens rispettivamente a David, Radice e Trapattoni. Dopo soli 18’, Pivatelli portò il Milan in vantaggio, facendo dimenticare ai tifosi rossoneri l’assenza di Josè il brasiliano.

L’Inter vide vacillare le sue speranze di rimonta in avvio di ripresa. Greaves, dopo 8’, trovò il raddoppio, rispondendo nel modo migliore alla multa che la società rossonera gli aveva comminato in settimana per scarso rendimento.

La reazione nerazzurra portò al gol di Luisito Suarez e all’assedio nei venti minuti finali, vanificato dal 3-1 in contropiede di Conti quasi allo scadere dopo il gol del pareggio divorato da Hitchens.

Ma la stagione procede a singhiozzo: una sconfitta a Venezia e un’altra bizza di Greaves che fa andare su tutte le furie Rocco, la sera prima della partita col Lecco. Ecco come la racconta Cesare Maldini: “Un sabato notte, io e Altafini, che dormivamo insieme in un albergo vicino alla stazione, sentiamo dei rumori strani nella camera di fianco. Apriamo piano la porta e vediamo Greaves che scende le scale, con le scarpe in mano per non farsi sentire. Al mattino il massaggiatore Tresoldi dice a Rocco che Jimmy non è in camera. Poi, come se niente fosse, Greaves si presenta all’Assassino dove pranzavamo prima della partita, chiedendo scusa a tutti. Rocco, però, gliene dice di tutti i colori e non lo fa giocare col Lecco“.

Jimmy va a segno contro la Roma e addirittura due volte a Firenze, se non ché la Viola le suona di santa ragione: 5-2. La pazienza del Paròn è ben sotto la soglia di tolleranza e da Londra le sirene si stanno facendo sempre più insistenti. Così, su pressante richiesta del tecnico, Rizzoli decide di accettare la curiosa offerta del Tottenham: 99.999 sterline, un pound in meno della cifra tonda. Un’idea di Bill Nicholson, leggendario manager degli Spurs, per evitargli la pressione di essere il primo calciatore della storia a essere pagato 100 mila sterline.

La mossa si rivelerà geniale. Si libera un posto per un nuovo straniero: Rocco vorrebbe l’argentino Humberto Rosa, suo pupillo ai tempi del Padova, ma la società gli porta in casa il regista brasiliano del Boca Juniors Dino Sani. Di cui poco si sa, se non che il Boca l’ha scaricato volentieri, ritenendolo vecchio. Debutta in campionato in un Milan-Juve, seminando costernazione sugli spalti: è pelato, ha la panza, più che un ragioniere di centrocampo sembra un ragioniere del catasto. Ma in campo è samba: il suo ritmo cadenzato e la sua visione di gioco trascina i rossoneri alla vittoria per 5-1, con poker dell’amico Altafini: insieme avevano vinto (da comprimari) il Mondiale 1958.

Il 16 dicembre arriva subito il suo debutto con la nuova maglia: tripletta contro il Blackpool (gli Spurs vinceranno 5-2) e l’intero White Heart Lane in piedi a fine partita ad acclamare il loro nuovo idolo, che concluderà la stagione con la media di quasi un gol a partita (21 in 22 incontri). Era l’epoca del grande Tottenham di Bill Nicholson, che l’anno prima dell’arrivo di Greaves aveva centrato il double campionato-FA Cup. Ci sono lo scozzese Dave Mackay, polmoni d’acciaio e grinta da vendere, il nordirlandese Danny Blanchflower, capitano della squadra, fonte primaria del gioco degli Spurs, mirabile dispensatore di assist e giocate di classe, quindi l’ariete Bobby Smith, le ali Cliff Jones e Terry Dison, l’interno John White. E poi c’è Jimmy Greaves, che lascia il segno su tutti i successi raccolti in quegli anni dal Tottenham; nel 1962 va in rete nella finale di FA Cup vinta 3-1 contro il Burnley, l’anno successivo è protagonista con una doppietta nella finale di Coppa delle Coppe a Rotterdam contro l’Atletico Madrid, che il Tottenham (prima squadra inglese a raggiungere una finale in una coppa continentale) vince con un netto 5-1, quindi nel 1967 sono sei i gol segnati nel corso della FA Cup che finisce ancora nella bacheca degli Spurs, questa volta dopo aver regolato 2-0 il Chelsea in finale.

La parabola discendente del Tottenham comincia al termine della stagione ’66-67, quella di Greaves un paio di anni dopo, quando Nicholson prima gli toglie la maglia da titolare e poi lo cede, nel marzo del ’70, al West Ham.

A White Hart Lane, segnerà 220 gol in 321 partite (debuttando, neanche a dirlo, con una tripletta al Blackpool), vincerà due FA Cup e una Coppa delle Coppe ma mancherà l’ascensore per il paradiso ai Mondiali 1966, gli unici mai vinti dai Tre Leoni: dopo tre partite senza gol, si fa male contro la Francia e viene sostituito da Geoff Hurst, che inizia a segnare e non smette più, fino alla tripletta in finale contro la Germania. Non ha neanche mai vinto un campionato inglese, pcon il suo ineguagliato bottino da 357 gol in massima serie, terzo all-time topscorer (alle spalle di Arthur Rowley, 434 gol, e William “Dixie” Dean, 379) in assoluto del calcio d’Albione se consideriamo anche i campionati inferiori.



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